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Il panorama dei dati retail

  • 5 min read

Il marketing personalizzato non è il futuro. È il presente.

Ormai, il 71% dei consumatori si aspetta che le interazioni con le aziende siano personalizzate e il 76% si sente frustrato quando non lo sono, secondo la ricerca McKinsey. E questo si traduce direttamente in migliori performance aziendali. Lo stesso rapporto McKinsey ha rilevato che più di tre quarti dei consumatori intervistati hanno dichiarato che le comunicazioni personalizzate li rendono più propensi ad acquistare da un brand, più propensi a raccomandarlo e più propensi ad acquistare da esso una seconda volta.

La sfida è che questo tipo di personalizzazione necessita di dati. E, come ho spiegato nel mio ultimo post sul blog, il problema con i dati è che non sono distribuiti in modo uniforme. Le persone che necessitano dei dati non sono sempre quelle che li hanno. La crescita vertiginosa delle vendite di e-commerce dovuta alla pandemia ha solo accelerato questa sfida per il settore retail del Regno Unito. Dal momento che i retailer hanno rapidamente sviluppato il loro business online, la disparità interna di dati non ha fatto che crescere.

È questa la situazione in cui si trovano attualmente molti retailer del Regno Unito. Potrebbero essere a conoscenza dell’opportunità offerta dai dati e potrebbero aver iniziato a pensare a come utilizzare i dati in loro possesso. Ma non sanno come costruire una data capability a 360º che permetta loro di ricavare insight, creare segmenti di audience, attivare su larga scala e misurare i media in modo efficace.

Fasi iniziali e dati di prima parte

Uno degli argomenti di cui ho parlato nel mio post precedente è stato quello delle fasi iniziali che i retail marketer possono compiere in questo viaggio: 

  • Valutare gli obiettivi aziendali e individuare dove la mancanza di dati impedisca il raggiungimento di tali obiettivi; 
  • Costruire una lista dei desideri dei dati;
  • Stabilire tappe intermedie per contribuire a misurare i progressi realizzati rispetto agli obiettivi aziendali. 

Una volta fatto tutto questo, si può iniziare a pensare alla provenienza dei dati necessari. 

La prima cosa da considerare è la tua attuale disponibilità di dati e quali puoi raccogliere in futuro da clienti e potenziali clienti. Tali dati sono generalmente noti come dati di prima parte. Per evitare confusione, vale la pena ricordare che alcune organizzazioni, in particolare Forrester, si riferiscono ai dati di prima parte come ai dati raccolti sul comportamento dei clienti sul proprio sito web, sulle app ecc., e definiscono i dati che i clienti condividono “esplicitamente e proattivamente” come zero-party data.

Qualunque sia la definizione adottata da un’azienda (in questo caso utilizzeremo dati di prima parte), c’è una serie di valutazioni da prendere in considerazione. La prima è che varie parti dell’organizzazione raccoglieranno dati di prima parte. Ad esempio, i dati sul traffico web possono essere raccolti dal reparto IT, i dati sulle transazioni da un team di e-commerce, i reclami e i resi dal servizio clienti e così via. Quindi, quando esamini la lista dei desideri in materia di dati, considera in primo luogo la situazione interna e valuta se sia possibile reperire i dati da un altro reparto dell’azienda in cui quei dati vengono già raccolti e archiviati.

Il secondo problema è che, anche se si ottengono i dati giusti internamente, potrebbe non essere facile accedervi o intervenire. Nel mio primo post, L’opportunità offerta dai Retail Data, ho parlato di come le aziende abbiano tendenzialmente iniziato a raccogliere diversi tipi di dati in tempi diversi poiché la tecnologia, l’organizzazione e il settore si sono evoluti. Il risultato è che i dati sono archiviati in luoghi diversi, in sistemi diversi che non sono collegati tra loro, rendendo la data collaboration interna praticamente impossibile senza un investimento da parte dell’IT. Immagina di inserire qui i temuti meme sugli IT backlog.

Infine, quali sono le autorizzazioni concesse dai clienti per l’utilizzo di tutte queste diverse serie di dati? È qui che entrano in gioco i team legali e di conformità e il DPO. Ricorda che sono tuoi amici! Hanno il compito di proteggere l’azienda, mentre il marketing ha la funzione di farla progredire. La stretta comunicazione e la collaborazione in questo ambito determineranno il successo o il fallimento del tuo data maturity journey.

Guardare al di fuori dell’azienda

Cosa fai, quindi, nel caso in cui tu abbia appena iniziato una collaborazione con il DPO ma non abbia dati dei clienti della tua lista dei desideri, o non vi abbia accesso? È qui che i dati di terze parti possono rivelarsi incredibilmente preziosi, poiché provengono da Premium Data Provider con solidi controlli su privacy e governance dei loro dati.

I Premium Data Provider gestiscono insiemi di dati dei consumatori come dati demografici, interessi, persona, segnali degli acquirenti in-market, ecc. Possono colmare le lacune nei dati di un’organizzazione e consentire ai marketer non solo di sfruttare i giusti insight dei clienti e prendere decisioni di marketing più intelligenti, ma anche di costruire rapidamente una data strategy fondamentale per attivare la customer intelligence e, di conseguenza, di legittimare tali profili di audience attraverso l’attivazione dei media e test di misurazione.

Infine, ci sono i dati di seconda parte. Se vendi prodotti di brand diversi dai tuoi o collabori con altri retailer o brand complementari, le partnership dei dati dovrebbero essere vantaggiose per tutti. Ciò potrebbe suonarti già familiare, dato che, recentemente, I Retail Media Network sono stati oggetto di grande attenzione da parte della stampa. Tuttavia, esiste un caso d’uso più semplice. Ad esempio, i brand Crocs e Disney collaborano già per una collezione di scarpe in edizione limitata, venduta sia nei negozi monomarca Crocs che in quelli Disney. Cosa accadrebbe se Disney potesse, in un ambiente clean room e rispettando tutti i requisiti di privacy necessari, condividere i dati dei propri clienti con Crocs per sfruttarli nella loro pubblicità su META? Cosa accadrebbe se la data collaboration potesse portare ad un significativo aumento delle vendite, con un vantaggio paritario per entrambe le parti?

In questo caso, la privacy dei dati e la conformità sono fondamentali, ma ora esiste la tecnologia che consente di combinare e attivare i dati di due (o più) parti. In questo modo la privacy dei clienti è protetta, ma ogni brand trae vantaggio dai dati degli altri.

Una volta individuata la provenienza dei dati che ti servono potrai iniziare a mettere in atto la tua strategia. Nel prossimo post illustrerò gli aspetti che le organizzazioni dovrebbero considerare e le domande che dovrebbero porsi (e forse porre anche ai loro fornitori) per avere le migliori possibilità di successo.