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Il settore automobilistico punta dritto ai dati

  • - LiveRamp
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In alcuni settori, la presenza di dati è intrinsecamente elevata. I retailer, ad esempio, in particolare quelli che gestiscono i programmi fedeltà, raccolgono enormi quantità di informazioni sui loro clienti.

Altri settori, invece, sono poveri di dati. I brand che non hanno un rapporto diretto con i loro utenti finali, come i marchi di largo consumo, di solito conoscono molto poco del cliente.

Per alcuni di questi settori, però, le cose stanno per cambiare, e uno di questi settori è l’industria automobilistica.

In passato per le case automobilistiche era praticamente impossibile mantenere un rapporto con i clienti perché tra un acquisto e l’altro l’intervallo di tempo era, ed è, elevato. Le case automobilistiche non sapevano quando un prospect, o addirittura chi già è proprietario di un veicolo, sarebbe arrivato o tornato sul mercato. E quand’anche un cliente fosse tornato sul mercato, i produttori non avevano nessuna informazione su di lui nella fase di riflessione.

Ora, però, sta emergendo un nuovo ecosistema nel settore che promette di risolvere tutti questi problemi.

I componenti del nuovo ecosistema automobilistico

Questo ecosistema comprende molti degli attori tradizionali: produttori, compagnie di assicurazione e società finanziarie. Coinvolge anche attori già esistenti con nuovi ruoli, come il sito di comparazione Carwow che utilizza i dati dei configuratori di auto per scoprire chi sia sul mercato e per quale acquisto. Ma, soprattutto, si stanno aggiungendo nuovi operatori che promettono di cambiare le regole del gioco. Parliamo dei produttori di veicoli elettrici come, Tesla e Polestar, con i loro modelli di vendita D2C, ma anche dei fornitori di infrastrutture di ricarica stradale, come Gridserve e Ionity, e degli specialisti della ricarica domestica, come Zap e Ohme.

Il nuovo mondo si basa sui dati. In ogni fase della customer journey, diverse aziende condividono, concedono in licenza o attivano i loro dati per costruire una panoramica migliore del consumatore. Così, possono guadagnare di più oppure aumentare le possibilità di guadagno futuro. E ne escono tutti vincitori.

La normativa

Questa rivoluzione si è avviata giusto in tempo. La normativa che regola la raccolta, l’archiviazione e l’utilizzo dei dati personali continua ad alzare i paletti. I giganti della tecnologia cambiano le proprie regole per rispondere alle preoccupazioni del pubblico e per portare avanti le proprie ambizioni.

La più importante è la decisione di Google di non supportare più i cookie di terze parti nel browser Chrome, seguendo il processo avviato da Apple con Safari e da Mozilla con Firefox. E questo significa che solo un browser su dieci in tutto il mondo accetterà i cookie di terze parti. L’infrastruttura che ha permesso il targeting, il retargeting, la misurazione, il frequency cap, l’attribuzione, l’ottimizzazione delle campagne e l’ottimizzazione creativa dinamica, nei fatti scomparirà. Per il settore automobilistico, gli eventi di elevato valore come il download delle brochure, le prenotazioni di giri di prova e le configurazioni online diventano molto più difficili da misurare e più difficile sarà attribuire loro un valore.

Dal suo primo annuncio nel gennaio 2020, Google ha già rimandato più volte l’abbandono dei dati di terzi, ora previsto per la seconda metà del 2024. Nel frattempo, i marketer e le agenzie si sono dati da fare per cercare alternative ai cookie di terze parti. Però, secondo una recente ricerca di LiveRamp, il 73% ha ancora la sensazione di essere impreparato nonostante il 92% si aspetti che la scomparsa dei cookie continui.

La soluzione più popolare è stata quella di concentrarsi sui dati di prima parte che l’utente stesso fornisce, spesso sotto forma di iscrizioni alle newsletter via e-mail. Questo è, in parte, il motivo per cui qualsiasi oggetto venduto online, dai rasoi alle pietanze pronte, è ormai disponibile dietro iscrizione al sito. È anche il motivo alla base della rapida crescita dei retail media, in cui i rivenditori utilizzano i dati di prima parte di cui sono in possesso per indirizzare la pubblicità del marchio sui propri siti, oppure li concedono in licenza per aiutare i marchi a indirizzare la propria pubblicità su altri siti.

Quindi, mentre i cookie di terze parti sono in via di estinzione, i dati di terze parti non accennano a perdere importanza.

La familiarità genera contenuti

La GDPR, e la normativa che ne è seguita, ha rappresentato uno spauracchio per molti marketer, che si sono allontanati dai dati di terze parti. La conformità a tali regole pareva tanto impegnativa, e le potenziali sanzioni tanto onerose, che gli attori del settore hanno pensato non valesse la pena rischiare. Da allora, però, i brand hanno compreso sempre meglio la normativa e ora sanno quali domande porre ai potenziali partner di dati per assicurarsi che rispettino le regole. Nel frattempo, le nuove tecnologie consentono alle aziende di condividere i propri dati di prima parte in modo conforme alla privacy (un altro fattore alla base dell’ascesa del retail media).

Così, possono accedere a una vera e propria miniera di dati: i marketer del settore automobilistico non devono più seguire dei consumatori anonimi tra i meandri del web e non devono fare i conti con un targeting impreciso e un’attribuzione estremamente semplificata, bensì possono combinare i dati di prima parte con ricchi set di dati provenienti da importanti partner, possono capire i propri clienti, ricavarne informazioni, attivare campagne, identificare potenziali clienti e misurare i risultati. Basta collaborare con le organizzazioni giuste, al punto giusto del percorso del cliente. Analizzeremo le eventuali difficoltà di questo approccio nel  prossimo articolo.