Se in questo periodo non hai pensato alle data collaboration, potresti perderti un trend molto importante. Secondo un sondaggio del Winterberry Report, Collaborative Data Solutions: The Evolution of Identity in a Privacy-First, Post-Cookie World (ossia, soluzioni per le collaborazioni sui dati: l’evoluzione dell’identity in un mondo privacy-first e post-cookie), l’81% dei brand marketer negli Stati Uniti e il 70% nel Regno Unito hanno attualmente stretto collaborazioni legate ai dati di prima parte per una comprensione, attivazione, misurazione e attribuzione più elevate, oppure stanno pensando di iniziare.
La capacità di porre in essere e agire secondo la customer intelligence deciderà chi uscirà vincente da questa sfida. Tuttavia, questa strategia legata ai dati non è priva di forze contrarie. La sfiducia nei confronti dei cookie ha svolto un ruolo importante in questo processo, ma non è l’unico fattore. Come sottolineato dal Winterberry Collaborative Data Solutions Report, l’accresciuto interesse nelle data collaboration fa parte di un quadro più ampio che include:
- i nuovi requisiti normativi;
- le nuove restrizioni dei browser sugli identificativi;
- la concorrenza sugli introiti tra i proprietari di dati;
- l’insoddisfazione dovuta al predominio dei walled garden e dei data marketplace;
- la pressione per il monitoraggio del ROI legato al marketing;
- l’esigenza di coerenza nelle interazioni con i clienti.
Gli argomenti sono molti, e nelle prossime quattro pubblicazioni forniremo delle chiavi di lettura fondamentali. Prima di tutto, parliamo dei quattro metodi consolidati di data collaboration menzionati nel rapporto: cooperazioni sui dati, data marketplace, scambi di dati ed ecosistemi tecnici di dati. Il rapporto prevede un futuro in cui le soluzioni dispiegate saranno molteplici, per questo è importante comprendere i mattoni che costruiranno la soluzione adatta a te.
Il panorama delle soluzioni di data collaboration
Secondo il rapporto Collaborative Data Solutions, gli esperti del settore e i marketer di Regno Unito e Stati Uniti prevedono la nascita di nuove forme di collaborazioni tra brand, proprietari di media, proprietari di dati e società tecnologiche fornitrici di servizi.
Tali innovazioni evolveranno su uno sfondo di modelli di condivisione già esistenti, tra cui:
- le collaborazioni sui dati che raggruppano dati di prima parte condivisi a partecipanti B2B e B2C secondo un modello del “dare per ricevere”. Per esempio, gli attori D2C usano le cooperazioni sui dati per trovare nuovi prospect, online e offline;
- i data marketplace facilitano la concessione di licenze commerciali sui dati di terza parte (Data Marketplace di LiveRamp ne è un esempio);
- gli scambi di dati che integrano dati di prima, seconda e terza parte per facilitare la condivisione e la concessione di licenze reciproche tra pari;
- gli ecosistemi tecnici di dati permettono di condividere i dati tra diversi partner e clienti in un “contenitore” che offre un elevato livello di controllo, privacy e sicurezza (Safe Haven di LiveRamp ne è un esempio).
Tali modelli catturano il “cosa” della data collaboration. Ora parliamo del “come”.
Soluzioni adatte alle tue finalità
Esistono tre categorie di funzionalità delle data collaboration condivise dalle collaborazioni sui dati, dai data marketplace, dagli scambi di dati e dagli ecosistemi tecnici di dati:
- il tipo di data collaboration offerto;
- il livello di controllo del rischio;
- la modalità di accesso ai dati e il tipo di dati usati.
Ciascuno di questi modelli ha offerto nuove possibilità alle data collaboration e ha aperto la strada verso un futuro all’insegna, prima di tutto, del controllo e della sicurezza.
Quali sono, però, i punti importanti tra collaborazioni, rischi e condivisione dei dati nell’attuale contesto post-cookie?
1. Collaborazioni sui dati. Ai marketer serve libertà nel collaborare, per scegliere la modalità che preferiscono, e per questo cercano soluzioni che favoriscano:
- scalabilità, dalle collaborazioni one-to-one a one-to-many, è necessaria per creare una rete di collaborazioni crescente;
- rapporto diretto, con i brand con maggiori probabilità di aiutarti a crescere e a ottimizzare la tua consumer intelligence, invece di affidarti a intermediari;
- collaborazioni interne ed esterne, in modo da condividere conoscenze e opportunità da oltre i confini delle tue quattro mura fino all’interno della tua società;
- il giusto livello di flessibilità per le tue esigenze specifiche, uno scambio di dati (Snowflake è un buon esempio) può essere molto flessibile in termini dei segmenti verticali che coinvolge (se hai le competenze tecniche per sfruttare questa flessibilità). D’altro canto, un ecosistema tecnico di dati (come Safe Haven di LiveRamp) è specificamente pensato per i marketer. È facile da usare ed è dotato di potenti strumenti per la segmentazione, l’attivazione e le attività di rendicontazione.
2. Capacità di gestire i rischi. La più ampia scelta di metodi di collaborazione apre le porte a una più grande esigenza di controllo sui dati. Il punto essenziale consiste nel massimizzare il valore economico della collaborazione al contempo riducendo al minimo il rischio e le esigenze di conformità alla normativa legata alla proprietà, al trattamento e alla conservazione dei dati sensibili.
Le soluzioni che contengono le informazioni di identificazione personale grezze sono fonte di rischio, così come le soluzioni che richiedono la copia dei dati.
Per questo, l’ideale è cercare soluzioni che:
- rimuovano le informazioni di identificazione personale per evitare le reidentificazione;
- permettono l’analisi dei dati senza dover spostare o copiare i dati;
Si dovrà effettuare il trattamento dei dati in un ecosistema condiviso e neutro gestito da un fornitore terzo, in modo da creare conoscenze di elevato valore senza gli obblighi legati alla proprietà tradizionale.
3. Modalità di accesso ai dati e tipo di dati usati. I controlli relativi al tuo accesso ai dati dovrebbero essere configurati secondo una modalità funzionale alla tua data strategy. Le soluzioni standardizzate non funzionano in questi casi: il tuo team di data scientist interni ha probabilmente bisogno di un più ampio accesso rispetto, per esempio, ai partner esterni.
Parimenti, se i dati al livello della registrazione sono necessari per un’analisi dei dati e un apprendimento automatico più approfondito, dovrebbero comunque essere coperti da pseudonimo, e l’accesso dovrebbe essere effettuato secondo modalità che tutelano la privacy ed evitano la reidentificazione.
Amplia la tua sfera di influenza in materia di dati
Il consenso in merito al bisogno di collaborazioni, e di collaborazioni migliori, è sempre più ampio. Esploreremo le modalità con cui raggiungere questo obiettivo tramite una serie di articoli del blog.
Il Winterberry Collaborative Data Solutions Report mette in chiaro che lo scarto tra chi ha più e meno dati sarà colmato tramite collaborazioni tra più parti (brand, proprietari dei media, fornitori di tecnologia e di servizi) nonché tramite un sistema di permessi a più livelli (del consumatore al brand, del brand a un altro brand, e del brand al proprietario dei media).
Cogliendo questa occasione si garantirà un futuro alle collaborazioni sui dati rispettose delle normative in vigore, su una scala senza precedenti (con risultati enormi e gratificanti per tutti).
Per saperne di più sulla preparazione a questa nuova epoca di data collaboration e su cosa stanno facendo i tuoi pari in merito, scarica il report di Winterberry Collaborative Data Solutions: The Evolution of Identity in a Privacy-First, Post-Cookie World. È ricco di spunti tratti dall’incontro con oltre 50 esperti senior del settore negli Stati Uniti e in Europa e dai risultati di un sondaggio online rivolto a marketer senior dei marchi, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Infine, ricorda di leggere il prossimo articolo della serie (Quattro forze trainanti per il futuro della data collaboration) iscrivendoti al nostro blog qui sotto.