L’articolo del blog è stato scritto nell’ambito di una collaborazione tra Travis Clinger, SVP, Responsabile indirizzabilità e ecosistema di LiveRamp, e Jeff Nienaber, direttore senior Global Audience Ads. Microsoft Advertising
Si pensa spesso che privacy del consumatore e risultati economici siano difficilmente compatibili. La privacy dei clienti viene vista, a volte, come una mera casella di spunta necessaria per l’ottemperanza alla normativa, invece di essere adottata come una strategia per distinguersi in nome di valori più elevati. Per tutelare i dati dei clienti, alle società servono sistemi interni costruiti intorno alla custodia dei dati, invece di porsi con un atteggiamento di autorizzazione ai dati. La privacy dei clienti e i risultati economici sono strettamente correlati secondo una relazione di complementarietà. Le società che sosterranno la privacy dei clienti ne usciranno vincitrici, adesso e nel futuro.
Il settore del digitale sta subendo dei cambiamenti epocali: l’accesso ai dati diminuisce sempre di più, e la fine dei cookie di parti terze e degli identificativi dei dispositivi mobili è ormai segnata. Tra i diversi segmenti verticali del settore, l’ecosistema delle società globali è ora posto di fronte a un momento critico in cui deve ricostruirsi e adattarsi ai mutevoli standard della privacy, adottando la nuova norma del mettere il cliente al primo posto. Anche se la sfida è notevole e l’evoluzione in corso ciclopica, i benefici saranno enormi. Considerare la privacy come elemento frontale e centrale permette di creare un ecosistema omnichannel sostenibile che porta a risultati migliori per ogni attore.
Nel cercare collettivamente il modo in cui ripensare le interazioni e delle società con i clienti, e come li considerino, dobbiamo prima di tutto riconoscere che dare priorità alle persone significa anche dare priorità alle esperienze. Quando un consumatore si fida delle intenzioni di un marchio, di un advertiser o di un editore, accetterà più facilmente l’autenticazione, cioè la condivisione attiva di numero di telefono, e-mail o altre forme di identificazione. Costruire questa fiducia, però, richiede impegno nello sviluppare interazioni del brand positive e nel portare avanti un linguaggio che spieghi con chiarezza il valore dello scambio, o nel fornire queste informazioni personali in cambio di un’esperienza migliore, permettendo alle persone di segnalare sia quello che vogliono sia quello che non vogliono. I consumatori si sentono a loro agio con gli annunci e le comunicazioni personalizzate dei loro marchi ed editori preferiti, ma vogliono qualcosa in cambio, che siano contenuti di qualità, la priorità sulle promozioni o l’accesso privilegiato a nuove offerte.
Affinché questo processo si riveli un successo, i brand e gli editori, grandi o piccoli che siano, possono adottare tre soluzioni per procedere nel cammino verso un futuro consumer-first.
Quando si parla di identity e privacy del cliente, non sono ammesse scorciatoie
Gli studi di Microsoft Advertising mostrano che il 91% degli individui è preoccupato della quantità di dati che le società possono raccogliere, e il 72% ha smesso di usare prodotti o servizi a causa di tale preoccupazione: un chiaro segnale del fatto che i consumatori vogliono dire la loro sul modo in cui i dati vengono aggregati e usati. Nel guardare verso il futuro, i veri innovatori saranno quelli che metteranno la privacy al centro di questa nuova era della pubblicità. La tecnologia usata per l’autenticazione dei consumatori per connettere i dati dei publisher con i dati dei marketer deve essere radicata in uno scambio di valore affidabile, e deve essere privacy-forward, al contempo offrendo migliori risultati economici.
Spina dorsale dell’open web, i publisher credono a volte che la fine dei cookie significhi la fine della scalarità, il che li porta a considerare tattiche che dicono di offrire gli stessi risultati ma che poi, a un primo esame, non superano il test della privacy. Sotto il profilo tecnico, il fingerprinting raggruppa un insieme di segnali da un’ampia varietà di dispositivi e caratteristiche degli utenti, ad esempio la risoluzione dello schermo, il sistema operativo e il modello, per creare una ID “sintetica” al posto dei cookie. Attenzione a qualsiasi cosa a cui ci si riferisca con la definizione di: “probabilistic signal identity”. Se coinvolge elementi non autenticati assemblati per creare un nuovo identificativo, è probabile che si tratti di fingerprinting e che quindi non soddisfi le condizioni dell’approccio incentrato sulla privacy.
In poche parole, il fingerprinting è una tecnologia inaccettabile nonché pericolosa per l’ecosistema della pubblicità e per i consumatori a cui ci rivolgiamo. Il nostro settore deve rifiutarla e tendere invece verso il sostegno alla privacy dei consumatori. Dobbiamo ricordare che il motivo per i cui i browser stanno rimuovendo i cookie di parti terze e il motivo per cui i produttori dei dispositivi hanno aggiunto dei requisiti legati ai permessi IDFA è perché il nostro settore non è riuscito a spiegare al consumatore lo scambio di valore. Il fingerprinting offre una soluzione tecnica che non farà altro che peggiorare la mancanza di fiducia tra marketer, browser e utenti finali.
Approfondisci la tua relazione con i consumatori tramite l’autenticazione
I risultati non mentono: i publisher che si affidano allo scambio di valore con il consumatore autenticheranno più utenti. I consumatori che si fidano dei publisher tanto da fornire e-mail o numero di cellulare si rivelano tendenzialmente utenti più forti… E gli utenti più coinvolti offrono CPM più elevati. Anche con tassi di autenticazione che partono dal 10-30%, l’impatto potrebbe essere sproporzionatamente alto.
Se i tuoi utenti autenticati consumano in media meno contenuti, possono offrire più visualizzazioni delle pagine. A titolo di esempio, i risultati iniziali di Microsoft Advertising e LiveRamp che permettono ai brand di acquistare inventory autenticate mostrano che i soli CPM di Microsoft Advertising sono più elevati di oltre il 40%.
Il beneficio delle relazioni fidate con i consumatori è reale e la capacità di personalizzare le esperienze e accrescere queste relazioni ne risulterà rafforzata. Microsoft Advertising ha condotto una serie di ricerche sull’importanza della fiducia per il legame e la lealtà nei confronti di un brand. Questi studi hanno mostrato che l’85% delle persone considera esclusivamente i marchi di cui si fida, indicando che un approccio consapevole e trasparente rispetto alla privacy è l’unica via per costruire il legame e la lealtà a lungo termine nei confronti di un brand.
I publisher dovranno avere il pieno controllo degli accessi e delle transazioni sulla loro identity: le autenticazioni dovrebbero permettere loro di realizzare tali connessioni senza dover effettivamente condividere i dati.
Servirà tempo affinché publisher e brand si spostino su questa nuova modalità di monetizzazione inventory e connessione con i consumatori. Purtroppo, il tempo stringe, e Google Chrome ha confermato l’abbandono dei cookie di parti terze nel 2022. I publisher dovrebbero iniziare ad aggiungere le capacità di autenticazione fin da subito e sfruttare i prossimi mesi per costruire relazioni di prima parte con i consumatori, conquistando la fiducia dei lettori e iniziando a trarre beneficio dai (maggiori) CPM autenticati. Il 40% del mondo è già cookieless, e lo scambio di valore può essere raggiunto fin da oggi.
Instaurare relazioni migliori con i consumatori
Nel 2020, abbiamo visto che il 70% degli introiti è confluito nei walled garden negli Stati Uniti. Qual è il motivo? La grande frammentazione dei dati e la complessità del loro uso ha fatto sì che gli advertiser abbiano cercato soluzioni indirizzabili facili da usare e che offrano risultati notevoli. I walled garden sono efficaci nel costruire audience indirizzabili tra i consumatori che hanno condiviso i loro dati. Le società che non appartengono ai Big Tech e nell’Internet aperto dovrebbero imparare la lezione offerta dai walled garden e comprendere come costruire relazioni più forti con i clienti tramite esperienze significative.
I walled garden, crescendo, non si sono dimostrati all’altezza degli standard di trasparenza che avrebbero dovuto rispettare in merito alla raccolta e all’uso dei dati. Nel futuro, questo è il punto in cui l’ecosistema non potrà fallire e dovrà spiegare sempre e chiaramente il valore di scambio che offre al consumatore. Le interazioni tra brand e consumatori basate sull’autenticazione e il consenso danno priorità alla privacy e semplificano la pianificazione, l’acquisto e la misurazione dei media. Permettono anche di fortificare le connessioni più significative all’interno della catena di approvvigionamento.
L’obiettivo è quello di migliorare la privacy dell’utente finale al contempo offrendo esperienze clienti rilevanti e apportando introiti significativi ai publisher. Sostanzialmente, i publisher e i brand devono avvalersi di una combinazione di strumenti per affrontare il tema dell’ecosistema post-cookie (autenticazione, strumenti a corollario dei browser e dati dei publisher non autenticati). Se l’abbinamento di ciascuno di essi varierà a seconda del publisher e del marketer, oggi sappiamo che le inventory autenticate sono il sistema aureo e così sarà anche nell’era post-cookie.
Guidati da una visione
I cambiamenti nel settore della pubblicità negli anni scorsi hanno, e continueranno ad avere, un impatto di lungo periodo su tutti i componenti dell’ecosistema. Se l’obiettivo è un open web più sostenibile, in salute e competitivo che funzioni meglio per tutti, dare la priorità alla fiducia e alla trasparenza nei confronti dei consumatori non è solo etico, è fondamentale. Non solo migliorerà l’esperienza del consumatore, ma permetterà anche di incrementare il risultato finale.
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